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Coppelle considerazioni.  Con il termine "coppelle" (cup marks, cupùles, Schalenzeichen) indichiamo incisioni rupestri eseguite dall’uomo su roccia, a forma di coppa o scodella, di dimensione variabile: in alcuni casi si rilevano isolate, in altri numerose, sulla medesima roccia.  Le coppelle si ritrovano sulle rocce in molti luoghi del mondo e, solo alla fine dell'Ottocento iniziò un vero interesse per queste incisioni, si moltiplicarono le segnalazioni e si iniziò ad approfondire i motivi per cui le coppelle appaiono presenti in culture del tutto diverse. 
Iconograficamente esistono tre tipi di coppelle: a pianta circolare, ellittica e svasata. Le loro sezioni possono essere: circolari, coniche e a tronco di piramide (base piatta). Il diametro può variare da un centimetro a oltre una decina, la profondità da 0,5/ a 5/7 centimetri. Nella maggior parte dei casi, il litotipo che li ospita è un calcescisto, in particolare gneiss granulare, in alcuni casi occhialino.  Le coppelle del RocceRé sono tutte presenti su gneiss e micascisti gneissici, alcuni minerali costituenti queste rocce come il quarzo e plagioclasi sono caratterizzati da una elevata durezza (rispettivamente 7 e 6). E' da escludersi una formazione naturale delle stesse, come hanno determinato ben cinque geologi. Rilevazione che è eclatante anche solo osservandone il luogo: il rocceré è parte di un versante orografico che si estende per circa venti chilometri cosparso dai medesimi litotipi e solo in un'area particolarmente ristretta di circa 20000 metri quadri sono presenti coppelle. Da subito si cercarono parametri di datazione, in quanto nella quasi totalità dei casi le coppelle si trovano a cielo aperto senza collegamento con alcun elemento archeologico che possa provarne una datazione certa. Per molto tempo, le incisioni rupestri dette coppelle sono rimaste a lungo un fenomeno affrontato dalla maggioranza degli studiosi malvolentieri e spesso disdegnato, tanto che le coppelle vennero inglobate in una specie di archeologia minore.  
Dal 1800 ad ora, molte le interpretazioni date: “giochi” su tavola, passatempi oziosi da parte dei pastori, mappature del territorio, mappe stellari, contenitori di lumi, contenitori per offerte, crogiuoli per fondere metalli, raccoglitori di sangue, essiccatoi per amanita muscaria da cui ricavarne agenti allucinogeni, ecc. ecc. E’ di mio avviso interpretare la motivazione dell’esecuzione delle coppelle essenzialmente a due possibili varianti: a) espressione cultuale religiosa – culti sole-luna-stelle; b) espressione magico rituale - sciamanica – culti legati alla religiosità popolare, alla fertilità, alle acque, agli alberi, alla cima delle montagne, sacrificali e a scopo taumaturgico.
Molte coppelle vennero eseguite con ogni probabilità, con intenti esclusivamente collegati alle divinità che quegli antichi uomini adoravano e temevano, trasformando in luoghi sacri determinate località, ben esposte al sole, quasi sempre sopraelevate e dove la natura aggiungeva acqua in abbondanza e ameni orizzonti che ancora oggi, inducono a riflessioni e interrogazioni del proprio “io”. In altri casi, la coppella è da ritenersi il risultato di una micro escavazione con lo scopo di procurarsi parte del minerale stesso ad uso taumaturgico. Le coppelle più antiche sembra che risalgano al mesolitico, per poi diffondersi nel neolitico e raggiungendo nell'età del bronzo la massima diffusione in tutto il mondo. Tranne che in Antartide sono presenti in tutti i continenti.
Nello studio delle coppelle, vengono presi in considerazione generalmente questi elementi: la forma, la profondità, la tecnica esecutiva, la stratigrafia, l'esposizione e orientamento, la dimensione del masso su cui si presentano, la litologia del masso, la quota, il contesto circostante (vicinanze a sentieri e fonti, leggende, ecc), se sono con o senza “codinzolo”, collegate tra di loro, formanti delle figure, ecc. Non sempre viene presa in considerazione l'analogia tra masso e coppelle, cioè, perché incise su una determinata roccia anziché su un' altra e la forma del masso stesso su cui sono ospitate, quasi sempre vengono erroneamente tutte associate ad antiche pratiche cultuali con riferimenti astrali. La coppella è una forma geometrica concava incisa su una roccia in varie dimensioni , e con scopi di esecuzione molto diversi, distinguibili in tre categorie:
a) uso pratico: marcatura di territori, quando si trovano isolate su massi sia in montagna che nei boschi; quando si trovano all'interno di borgate su rocce più o meno di forma rettangolare, create come base per appoggio del cardine di porte e portoni ; b) uso cultuale: quando compongono delle figure come sul Rocceré o quando si trovano in luoghi considerati sacri (da noi così interpretati) per il luogo in cui si trovano; c) uso taumaturgico: in questo caso la coppella non sarebbe "il fine", ma il "risultato" dell'azione stessa. In questo caso le coppelle si presentano su massi in modo “disordinato” l'una accanto all'altra (questo ordinamento “disordinato” delle coppelle, in diversi casi è stato interpretato da alcuni archeoastronomi come figure di costellazioni), oppure su muri di chiese e cimiteri e sui sagrati delle cappelle o nelle vicinanze di esse. 
In molte coppelle lo studio degli elementi appena descritti non trova nessun termine di raffronto ai punti “a” e “b”, questo perché la “coppella” non è più da ritenersi come eseguita per realizzare una forma geometrica con riferimenti a divinità zoomorfe, antropomorfe o astrali, ma è il risultato di una operazione per procurarsi la polvere di quella determinata roccia ritenuta con poteri straordinari, sia per la guarigione tramite determinati medicamenti, sia come amuleto per richiedere la protezione per se stessi e i propri animali, dal luogo considerato sacro da cui il minerale proviene, compresi alcuni luoghi di culto cristiani ancora in epoche molto recenti (chiese e cimiteri di inizio '800). In questa categoria a mio avviso, vanno anche incluse le tante coppelle unite tra di loro da canaletti, dove il liquido (acqua, sangue o altro..) che si faceva scorrere tra una coppella e l'altra tramite canaletti, veniva a sua volta considerato sacro, proprio perchè a contatto da una roccia considerata “sacra”, oppure situata in un luogo considerato “sacro”. Per fare un semplice esempio, possiamo paragonare questa sacralità come i pellegrini che oggi si recano a Lourdes e poi ritornano a casa con l'acqua “sacra” del luogo, usando l'acqua in vari modi: bevendola contro i malesseri della persona, cospargendola per tener lontano dalla propria abitazione il “male”. Non è forse questo un uso taumaturgico di un elemento, in questo caso l'acqua, molto simile a quello che nei periodi pre-cristiani veniva eseguito nell'età del Bronzo, del Ferro e via via fino ai nostri giorni?
Molti gli esempi dall'antichità fino alla metà del XIX secolo, che documentano una pratica taumaturgica molto diffusa eseguita in luoghi considerati sacri.  Il tempio di Hathor in Egitto, costruito 4200 anni fa presenta sulla facciata molte “coppelle” risultato di escavazioni per procurarsi la polvere di quel tempio ad uso taumaturgico. 
Il rapporto tra pietre, polvere di pietre, taumaturgia, alchimia e religiosità ci viene tramandato in forma scritta dal V secolo con i sermoni contro il paganesimo del vescovo di Torino, Massimo. Nel VIII secolo nel “Indiculus superstitionum et paganiarum” (trad. Piccolo indice di superstizioni e paganesimo) è una raccolta latina di capitolari che identifica e condanna le credenze superstiziose e pagane che si trovavano nel nord della Gallia e tra i sassoni durante il periodo della loro sottomissione e conversione da Carlo Magno, nel 750 circa. Tra i ventinove “reati” più gravi commessi dai pagani, troviamo: “De his quae saciunt super petras” che significa “di quello che fanno sulle rocce”.  Il medico, filosofo e alchimista Paracelso all’inizio del XVI secolo, preparava rimedi basandosi sulle proprietà curative delle pietre, posate o strofinate sulle parti del corpo doloranti o malate, ridotte in polvere e poste sulle ferite, sciolte nel vino, nel miele o messe a bagnomaria per alcuni giorni per poi ottenere l’acqua impregnata dell’energia del minerale. 
Nei vari santuari sparsi in Italia nel XVII secolo, vengono riportati fatti di religiosità popolare interessanti: come descrive Fulvio Ricci in “Peregrinatio Arte, Santi e tradizioni salutari”: “Alcuni di questi culti sono testimoniati non solo da tracce archeologiche e/o toponomastiche ma anche gestuali: oltre a bere l’acqua e a fare abluzioni dell’apparato mammario spesso i questuanti leccano l’intonaco dei muri della chiesa o ne raschiano la polvere per farne delle misture che ingurgitano nelle forme più diverse”.  Guido Scaramellini in “Santuario apparizione della Madonna di Gallivaggio” in Valchiavenna (Sondrio) riporta fatti del ‘600 pubblicati a Milano da Gian Giacomo Macolino che riferiscono del masso sacro interno al santuario, parte del quale ridotto in polvere, diluito in acqua e bevuto, troncò la febbre a molti o il mal di denti, tenendone in bocca una scheggia. 
Ed ancora sul Santuario di San Michele in Puglia leggiamo: .qui i fedeli venivano a staccare o raccogliere dei frammenti di roccia come reliquie, perché considerati intrisi dei poteri di guarigione. Si portavano addosso come elementi magico-religiosi contro i mali dell’anima e del corpo.... fonti: https://www.duepassinelmistero2.com/studi-e-ricerche/arte/italia/puglia/il-santuario-di-s-michele-arcangelo-fg/  A Verona la fiancata della chiesa di S. Zeno, presenta anch'essa delle coppelle provocate dal prelievo da parte di fedeli per poi farne un uso taumaturgico.  Altre segnalazioni ci pervengono da Fabio Luciano Cocomazzi e Stefano Torretta, in “Brezzo di Bedero I massi coppellati segni del passato”, pag. 21: “(...) se si eccettuano le coppelle sulle lastre dei muretti di molti sagrati che racchiudevano le antiche aree cimiteriali (…).  
Sempre da Fabio Luciano Cocomazzi, in “Il masso della macina: incisioni rupestri attraverso la storia”, pag. 76 leggiamo: “(...) insieme a quelle presenti sul sagrato della parrocchiale di Armio (...)”.  Da Luca Bettosini in “Incisioni su pietra in Malcantone”, Rivista numero 30 – Febbraio 2006: http://www.viverelamontagna.ch/wp/magazine/?p=5417 . “(...) Pure vicino alla chiesa di Miglieglia c’è uno scalino che reca incise alcune di queste tazze (...)”  
Nelle vallate piemontesi questa pratica è documentabile in paesi di media vallata e nelle borgate di montagna. Sul Rocceré sono molte le coppelle che ritengo “taumatirgiche” e che si vedono intorno al masso più sacrale nelle grandi rocce che ad anfiteatro lo abbracciano. A Melle, paese della media Valle Varaita (Cuneo), sul muretto circostante la Chiesa di San Giovanni Battista, (originaria del 1292) sono visibili alcune lastre coppellate.  Alcune delle coppelle hanno dei codinzoli, altre sono unite da canaletti, sia codinzoli che canaletti possono interpretarsi come azione di raschiatura per raccogliere la polvere di roccia da queste lastre. 

Nella borgata Colletto, alta Valle Maira, nel sagrato della cappella dedicata a S.Anna (esattamente non ne conosco la data di edificazione, ma da un superficiale esame architettonico, dovrebbe essere del XVII secolo), il muretto del sagrato presenta alcune lastre con coppelle.  A Campofei, in alta valle Grana, la cappella dedicata a S. Giacomo ed edificata nel 1801, nel sagrato presenta tre lastre coppellate. In questi casi, la maggior parte degli studiosi non sapendo darne una ragione hanno sempre supposto che le lastre venivano collocate sui sagrati già incise. 

riccardo baldi